
La vigilia della Madonna, cu ciavuru ru sfinciuni!

È nel cibo che ancora oggi in molte regioni italiane si ha la possibilità di riconoscersi e di formare un proprio codice di emozioni estetiche, gustative, tattili che, si spera, l'omologazione derivante dalla globalizzazione non riuscirà ad intaccare.
Prendiamo ad esempio i piatti che "segnalano" le feste, quelli che oltre ad esprimere i valori della comunità rivelano all'esterno le capacità e i valori della dimensione domestica, e nella fattispecie prendiamo ad esempio una ricetta della provincia palermitana, proprio del periodo natalizio: U Sfinciuni.
A Bagheria, lo sfincione è il piatto del menù delle vigilie più importanti nel periodo natalizio.
Questo periodo natalizio, che si apre la vigilia dell'8 dicembre, giorno dell'Immacolata, e si chiude con l'Epifania, è caratterizzato dal prolungamento delle ore di veglia notturna con il gioco a cui si aggiunge l'eccesso alimentari di cui lo sfincione è elemento basilare.
Le vigilie dell'Immacolata, di Natale, di Capodanno e della Epifania, sono i giorni di preparazione e cottura degli sfincioni. Il loro consumo si estende invece dalla cena di queste vigilie a tutta la settimana successiva, giacché lo sfincione senza salsa di pomodoro, quello considerato più tradizionale nell'area della nostra ricerca, si conserva bene: non muffisce e, secondo molti bagheresi, è addirittura più buono il terzo giorno dalla sua cottura.
Fino a non molti anni fa, ogni famiglia preparava molti sfincioni che poi stipava in diversi angoli della casa, preferibilmente a contatto con il pavimento, essendo questo il luogo fresco ritenuto più adatto alla loro conservazione. Fuori da questo ciclo festivo il consumo di sfincione era inesistente.
Nella società tradizionale esso rappresentava invece il profumo e il sapore del Natale. Lo sfincione diventava in tal senso elemento costitutivo e funzionale di questa festa: era uno dei suoi segni.
Esso è, quindi, ineluttabilmente da annoverarsi tra quei cibi che ogni comunità elegge a rappresentanti della propria identità, stabilendo con essi una sorta di dipendenza psicologica: i Bagheresi ne parlano inequivocabilmente con un vocabolario e una mimica facciale che denotano una forte partecipazione emotiva. Inutile dire che gli sfincioni di casa propria e della propria infanzia sono sempre i migliori, al punto che essi viaggiano ancora verso il Nord per gli emigrati, e che si continuano a fare in ogni panificio di bagherese che si rispetti, in America e altrove.
A Bagheria, la sera delle vigilie canoniche per la cottura degli sfincioni, tutto il paese è inondato dal profumo delle teglie che vanno e vengono. E se il loro consumo appare fortemente diminuito nella cena di fine d'anno, non lo è invece complessivamente per tutto il ciclo natalizio.
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